12 aprile 2012

Cronache dall'URSE; Lettera di un commissario politico.

Bandiera dell'URSE
Qualcuno dice che esistono realtà parallele dove esistono percorsi alternativi della storia, ebbene non so come ieri sera per una strana congiuntura spazio temporale mi sono ritrovato in una di queste dimensioni dove un mio alter ego, Josiph D'Andreisevich un pezzo grosso (non come me ) del PSDRE (Partito Socialdemocratico delle Repubbliche Europee) stava redigendo questo documento da pubblicare, sull'Intranet della URSE (Unione Repubbliche Socialiste Europee), non so come ho fatto a ritornare a casa nella nostra realtà ne se mai tornerò in URSE ma vi posso fare vedere cosa stava scrivendo l'altro me nell'universo parallelo;


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Compagni,

Colgo l'occasione di comunicarvi quanto già trasmesso, al tovarich Monti, una bozza di proposte che i nostri compagni dall' ASF (Agenzia di Sanità Fiscale) dell'URSE (Unione Repubbliche Socialiste Europee) stanno stilando in vista dell'approvazione del capo del politburo Van Rompuy dopo il parere ultimo del segretario del PSDRE Barroso riguardante le misure per arrestare l'ennesima crisi capitalista che affligge la nostra neonata realtà di ritrovata coesione sociale dopo la soppressione delle proteste delle forze reazionarie;

- Assicurazione RC sulle persone fisiche; ogni essere vivente, pena la non accessibilità allo spazio pubblico, deve pagare un'assicurazione per la responsabilità civile (perchè potrebbe causare dei danni mentre va in giro)

- Tassa sulla Religione ; Si usa dire che chi crede è ricco di spirito, questo è un chiaro caso di capital gain, che non verrà risparmiato.

- Digitalizzazione delle offerte domenicali; per impedire il riciclaggio di denaro sporco.

- Tassa sui Rapporti Amicali; 'Chi trova un amico, trova un tesoro' questo richiama la normativa sui rinvenimenti.

- Imposta di bollo sui preservativi (DurexTax) ; per scoraggiare la promiscuità di questa corrotta società capitalista e impedire la nascita di altri futuri pensionati. (che lungimiranza).

- Imposta di bollo sul meteorismo umano; per impedire il Global-warming, bisogna che ogni essere umano che emette CO2 che non sia catalitico paghi.

- Accisa sui legumi e sui vegetali cruciferi; come sopra.

- Licenza di procreazione ; Chiunque volesse filiare in virù dei possibili danni che i procreati potrebbero causare (metti caso che ti nasce un figlio che affonda una nave o che fa il terrorista) dovrebbe avere regolare licenza di procreazione rilasciata dall'ASP locale corredata da fideiussione assicurativa per € 500.000

- Obbligo della certificazione sanitaria per gli ortaggi, le conserve e gli animali da coltivazione autonoma; a difesa del consumatore ogni prodotto deve essere testato e validato dai NAS.

Queste misure garantiranno un Europa più libera e giusta, contro lo sfruttamento del capitale e a favore dei lavoratori. Vi prego dunque di prendere atto e di accettare con sincero gaudio quanto stabilito e di adoperarvi sicchè i capitalisti evasori vengano scoperti e giustamente puniti dalla giustizia del popolo, questa attività con costituisce delazione ma obbligo di ogni cittadino dell'URSE amante della pace.

Con fiducia nella rivoluzione socialista.

Josiph D'Andreisevich

Commisario Politico PSDRE sezione Italia.



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Queste misure mi sembrano orripilanti, meno male che la nostra realtà è diversa... vero?

21 marzo 2012

“Fiat Innovationem!”E l'innovazione non fu. L'economia di mercato sociale italiana, e la sua nemesi; Il libero mercato.

Sarà il tempo, saranno questi discorsi sulla riforma del mercato del lavoro che mi sembrano francamente inutili o sarà questo articolo su RC dell'ottimo GPG Imperatrice, su Sergio Marchionne, ma ho pensato: perché non parlare della FIAT che a quanto pare sembra essere l'unica preoccupazione delle 'parti sociali' (chiunque siano costoro) e di alcuni temi come innovazione e imprenditoria? Nulla di organico per carità, semplici ragionamenti a ruota libera in questo pazzo pazzo paese.

Quello dell'auto è un settore che praticamente tutti gli stati considerano 'strategico' a tal punto essenziale che anche certi pensatori liberali strenui difensori del libero mercato tendono a fare eccezioni inteventiste per esso, ovviamente la mia obiezione è che nessun settore sia più importante di un altro al punto tale di andare a salvarlo con i soldi dei privati e che la strategicità sia attribuita arbitrariamente dalle autorità per giustificare l'intervento in determinati settori rispetto ad altri. Da politico posso capire che per un politico con ambizioni nazionale un settore che ancora impiega massicciamente una così alta densità di lavoratori potenziali elettori, sia un interesse politicamente strategico; solo pensare a quanti voti può portare il comparto anche più tetro portaborse inizierebbe ad eccitarsi. Detto questo anche chi politico non è, si accapiglia con passione su ogni tema che riguarda la FIAT (in Italia equivale a dire 'il settore dell'auto'); se vende o no, se licenzia o assume, se le auto sono buone o cattive in relazione alle altre, pare quasi che quella di Torino sia più che una fabbrica un dipartimento distaccato di qualche ministero economico e che questo giustifichi l'impiego di leggi speciali, contributi e addirittura stravolgimenti normativi in testi quasi considerati sacri dalla nomenclatura sindacalista. In effetti è difficile pensare che quella sia una azienda privata, dato che le sue fortune sono sempre state legate in qualche modo allo stato italiano indipendentemente dalla forma di questo fosse Sabaudo, Fascista o Socialdemocratico, la FIAT c'è sempre stata e in qualche modo ne ha sempre beneficiato questo rende a tutti gli effetti l'impresa un ente parastatale verso il quale solo poche voci nella storia del nostro paese quale quella di don Luigi Sturzo si sono levate contro, gocce nel mare confronto alla comune e insensata adorazione di un settore che fino ad oggi non ha dovuto chiedere mai con troppa forza gli aiuti di stato visto che le stesse istituzioni sono sempre accorse in soccorso del Lingotto senza mai dubitare della giustezza e della moralità di tali aiuti.

C'è da sorprendersi che FIAT, con un passato fatto di contributi, finanziamenti e commesse pubbliche, fabbriche datate, modelli poco curati, e strategie di mercato al limite dell'inedia non sia un leader di mercato come Toyota o Volkswagen? C'è da sorprendersi che aziende come la VW con una storia di successo lunga probabilmente 40 anni continui in sintonia con quell'andamento facendo della reputazione, del profitto e del continuo progresso il proprio stendardo, mentre un azienda che per una vita ha vissuto sotto l'ombrello pubblico oggi non sia capace ne di essere competitiva, ne innovativa e sopratutto profittevole? C'è da sorprendersi che un azienda da sempre designata come 'Troppo Grande per Fallire' non abbia mai seguito il mercato con troppa insistenza pensando che era meglio buttare un occhio ai ministeri piuttosto che alla soddisfazione dei clienti? Beh, qualcuno si sorprende, il che per me è... sorprendente! Dal canto mio, questi sviluppi mi sembrano solo l'ennesima, ripetitiva, scontata e francamente attendibile riprova che l'intervento dello stato in economia sia il miglior modo per demolire l'economia e sperperare risorse, miliardi di lire prima e milioni di euro poi buttati nel nulla di un'azienda parastatale che dopo innumerevoli favori ci saluterà e ci dirà 'addio' e che lascerà in questo paese solo il cerino dei disoccupati e (forse) la sede legale, pensate solo per un momento quanti dei vostri soldi, cari lettori, soldi che avete duramente guadagnato con la forza delle vostre braccia e del vostro intelletto che sono andati a salvare un azienda e i suoi dipendenti, mentre per voi, probabilmente non ci saranno ne salvataggi e nemmeno casse integrazioni, fa una certa impressione non è vero? Chissà quante altre aziende, prodotti, servizi e investimenti quei soldi avrebbero finanziato e quanta ricchezza si sarebbe diffusa... purtroppo non lo sapremo mai.

Qualcuno vi dirà che la colpa è del governo che non ha avuto una giusta politica industriale. Ma se voi siete italiani come me, saprete quasi certamente che tali pianificazioni non erano altro che modi per barare al tavolo del mercato a favore di pochissimi e fortunatissimi amici degli amici, che uno stato a limite dell'antidemocratico quale il nostro è, utilizzava non per promuove le libertà economiche e l'attività imprenditoriale bensì per creare un tipo di economia nuovo (???) sotto il controllo dello burocrazia con il potere della legge, i soldi dei contribuenti, le manipolazioni finanziarie e il fisco rapace. Il fatto che oggi tutto crolli non è causato dall'assenza della pianificazione ma della sua presenza nei precedenti quarant'anni, grazie a tutti questi piani economici e ai loro geniali ideatori siamo riusciti a passare da settimo paese industrializzato al mondo sorretto generalmente da quei principi che citavo nel mio articolo precedente a lettera I dell'acronimo PIIGS, allo stesso rango di Portogallo, Grecia, Irlanda e Spagna, e questo mette in luce quanto sia alto il livello di decadenza italico e quanto realmente i mercati si fidino di noi, nonostante l'austero parlare di Monti e indipendente dalle alchimie finanziarie che Mario Draghi, i mercati non si fidano di noi perchè nessuno vuole investire in Italia, nemmeno gli Italiani, e qui c'è poco da fare i patriottici nessuno vuole perdere quello che possiede investendo in un ambiente dove non esistono condizioni per l'investimento

Altro grande tema è l'innovazione, spesso sento dire che la risposta ad ogni problema è 'ricerca e innovazione', con queste due e solo queste due si diventa ricchi e questo è un concetto che ancora aleggia nella mente di molti commentatori economici anche di quelli liberali. Purtroppo mi dispiace contraddire i colleghi, dirò qualcosa di sconvolgente, la tecnologia è un fattore importante ma non così importante come credete, di per se le idee anche le più sconvolgenti non fanno nulla senza un solido capitale alle spalle, i capitali sono il punto chiave del successo di un azienda, senza di essi non c'è possibilità di sviluppare, testare e promuovere quello che si ha figuriamoci lanciarsi in settori sconosciuti. Le aziende non hanno bisogno che una serie di Soloni spieghino loro che l'innovazione e la ricerca sono importanti, le buone aziende guidate dai giusti imprenditori sanno quale sia il valore delle nuove tecniche e delle innovazioni per questo hanno bisogno di accumulare capitali, solo così possono migliorare progressivamente i loro prodotti e all'occasione inventarne di nuovi. Se non si capisce che i capitali sono la base del capitalismo e che l'imprenditoria non è solo una questione di innovazione, anzi, che alcuni grandi imprenditori non sono affatto innovativi sono solo validi organizzatori, brillanti gestori che si relazionano con l'incertezza del mercato utilizzando al meglio ciò di cui dispongono e introducendo alla bisogna nuovi paradigmi, allora non riusciremo a comprendere a pieno quale sia la vera forza dell'economia di mercato e cosa dobbiamo fare per permetterle di svilupparsi a pieno, finiremo per rimanere intrappolati nell'idea 'scientista' che per fare impresa con profitto bisogna essere ingegneri nucleari, maghi dell'elettronica o gli scopritori del moto perpetuo, quando esistono migliaia di settori già esistenti e di tecniche già testate e di modi di produzione da utilizzare e da affinare, che potrebbero portare profitti, lavoro, prosperità e in ultima analisi anche risorse per la ricerca e nuove tecnologie se solo il governo smettesse di sequestrare denaro alle aziende e ai risparmiatori e se magari, dico magari, le politiche economiche e monetarie fossero meno rivolte all'ingegneria sociale e alla spesa pubblica e più indirizzate verso l'onestà del sistema finanziario e della moneta.


Per rimanere in tema di innovazione pensate a Steve Jobs e Steve Wozniak, tutti conoscono la storia dei due scapestrati che fondarono la 'Apple' nel garage di Woz, ma qualcuno si è mai domandato come avranno fatto due poco qualificati visionari ad ottenere i soldi con cui lanciarsi in un settore sconosciuto nel 1970? Due possibilità;

A - Si sono presentati ad una filiale della Bank of America dicendo 'Salve noi vogliamo creare dei computer domestici sappiamo che al momento non c'è alcun mercato per questi prodotti ma sapete abbiamo fatto delle riunioni con appassionati del settore e tutti ci hanno riempito di complimenti, ah dimenticavamo, non abbiamo garanzie da offrirvi ci fate un finanziamento'?

B - Sono andati al ministero delle attività produttive dicendo 'Salve, siamo due che non hanno nemmeno fatto l'università, ma siamo giovani e innovatori. Abbiamo pensato di costruire computers per l'uomo medio, ci fate un finanziamento a fondo perduto?'

Ebbene vi tolgo i dubbi, semmai ne aveste, ne A e ne B.
Nessuno avrebbe finanziato quei due pazzoidi, le innovazioni vanno a scoprire mercati sconosciuti e di solito i finanziatori istituzionali non sono molto propensi a gettarsi troppo all'avventura, per questo servono precursori, esploratori dell'ignoto dotati e dotati di un forte senso del rischio, speculatori di prima classe che intravedono il miraggio di un enorme profitto. Ebbene, forse non avremmo mai sentito parlare di questi due e dei loro prodotti se non fosse arrivato un giovane (32 anni) venture capitalist con un passato alla Intel (le cui stock-option gli fruttarono una fortuna) che investì ben 250.000 $ del 1977 (quasi un milione di dollari odierni) di nome Mike Markkula, che fu anche primo CEO, consigliere e beta-tester dei nuovi prodotti della nuova azienda. Markkula fu un investitore e un consigliere prezioso per i due giovani inventori che saranno stati pure geniali nel loro lavoro ma che erano decisamente inesperti nel settore dell'imprenditoria e senza il becco di un quattrino, Wozniak ammise in una sua intervista che senza Mike il successo di quella che oggi è una delle aziende più eccitanti del pianeta non si sarebbe mai potuto realizzare. Eppure chi parla di questo personaggio? Pochissimi, Markkula non era un innovatore materiale era uno scopritore di innovatori e ha continuato ad esserlo: avete presente i vostri telecontatori dell'ENEL, bene li produce la Echelon Corporation altra società di Markkula e queste non sono le uniche cose che ha finanziato e aiutato a venir su. Sorprendente? Normalissimo, esistono migliaia di piccoli Markkula (e soggetti anche più grossi), il profitto li guida e senza il loro fiuto non avremmo potuto avere quelle tecnologie e quei progressi che hanno semplificato la vita di milioni di persone, questo è il capitalismo, bamboli, niente di più. Se tali capitalisti non fossero esistiti e se i nostri due stramboidi geniali fossero vissuti in un altro paese probabilmente le loro idee sarebbero rimaste nel dimenticatoio come migliaia di altre idee geniali di cui il pianeta è pieno e che hanno avuto la sfortuna di essere sviluppate in paesi dove questa mentalità imprenditoriale non esiste o dove vige un regime fortemente burocratico. In questi ambienti, di cui l'Italia fa orgogliosamente parte sin dalla sua nascita, un azienda come Apple non sarebbe mai nata o quantomeno non avrebbe mai potuto sviluppare quella meravigliosa combinazione di marketing e innovazione, con quella valanga di profitti che genera e che continua a generare probabilmente la 'Mela italica' avrebbe fatto la fine della Olivetti e voglio essere ottimista perché Olivetti non era una compagnia nata in un garage e non era condotta da due senza nemmeno lo straccio di un titolo. Sono troppo drammatico? Non credo, questo è il filo conduttore dei paesi socialisti o ad economia mista (dunque pseudo-socialisti), la grande industria si fa solitamente per legge, per corruzione, per amicizia e non per inventiva e investimento e quelle volte che qualcuno prova ad emergere dal basso il primo pensiero dello stato è come fare a martellarlo giù nel mucchio, impedendogli di accumulare capitali e bloccando il mercato con norme sempre più compulsive e demenziali, il potere pubblico inventa subito nuovi modi per sequestrare i profitti, alimentare la burocrazia, perseguire i leader del mercato, per il loro 'ingiusto successo', dove per ingiusto si intende qualsiasi successo. Questo è il modello di sviluppo che gli stati che occupano oltre il 50% dell'economia e sequestrano il 70% dei redditi perseguono o verso il quale degradano, prima o poi e noi Europei siamo proprio il caso in questione.

Che dire di Marchionne? Probabilmente hanno ragione i suoi avversari, è antipatico, presuntuoso e forse anche un bugiardo perché non dice le cose come stanno, ma questo è quello che l'Italia vuole, avendo scoraggiato e avversato costantemente ogni imprenditore e amministratore onesto spingendo i propri migliori cittadini ad emigrare o a vivere una vita mediocre in un paese decadente. Oggi dunque bisogna fare i conti con il nuovo amministratore della Chrysler, perchè non ho creduto nemmeno per un secondo che la Fiat abbia comprato la Chrysler e non viceversa, che sta cercando di fare leva sul massimalismo e l'anti-capitalismo italiano per farsi buttare fuori dal paese eliminando così tutti i vecchi rimasugli della politica di collusione con lo stato italiano che lo legano ancora a questo territorio, primi fra tutti la maggior parte degli stabilimenti costruiti con i contributi pubblici per soddisfare le esigenze delle politiche economiche, stabilimenti che mai la FIAT avrebbe costruito e che verranno progressivamente abbandonati insieme a tutta la forza lavoro non richiesta e per la quale la FIAT non si sente più di dover pagare, avendo capito che l'epoca in cui gli aiuti di stato arrivavano a richiesta è finita, che l'Italia è un paese in bancarotta. A mio modo di vedere questo è quello che Marchionne sta facendo, in modo spietato a volte, gettando fumo negli occhi dei burocrati e politicanti altre volte, ma questo ripeto è quello che il falso-ideologico dell'economia di mercato sociale che lo stato italiano ha generato, e con la quale oggi deve i conti. Questo è il prezzo da pagare ogni qual volta si inventano settori strategici da sostenere a qualsiasi costo anche socializzando le perdite, prima o poi si deve mettere in conto che quelle aziende 'salvate' non saranno riconoscenti seguiranno comunque la loro convenienza e lasceranno l'economia nazionale o per morte naturale o per trasferimento.

15 marzo 2012

Il common-sense Italiano in economia e la riluttanza delle elites

Un articolo di Paolo Rebuffo, (aka funnyking) ha fatto scaturire questo 'commento' che ho deciso di fare diventare un articolo a mia volta. Rebuffo mostra quale sia la portata del fenomeno della chiusura dei conti correnti e le motivazioni che spingono molti italiani a disertare da un fallimentare sistema bancario quale il nostro, nonostante le belle parole delle autorità economiche e i benchmark sintetici che non hanno mai segnalato alcun problema. L'articolo è stato la molla che mi ha portato ha scrivere questa riflessione sul metodo economico dell'italiano comune e sul punto di vista degli italiani 'fuori dal comune' che quasi sempre costituiscono l'elites della nazione.

Molto spesso sentiamo parlare di 'fondamentali solidi' quando un qualsiasi politico o economista nostrano parla d'Italia (generalmente dopo una legnata dei mercati) elencando dati quali come la solidità e la solvibilità delle Banche (cose opinabili) e altri dati statistici che secondo gli oratori costituiscono i 'fondamenti' economici del nostro paese.
Essendo io un individualista metodologico, non mi convincono molto questi macro-dati, che tuttalpiù potrebbero essere definiti come aspetti esterni della solidità economica, qualora fossero veritieri, ma non come i fondamenti in senso proprio. Se l'economia è l'interconnessione delle azioni di tutti gli individui, i fondamenti della solidità dei paesi sono da ricercarsi nel comportamento degli individui stessi non nelle approssimazioni statistiche e nei modelli matematici, nel caso specifico gli aspetti di solidità reale dell'economia italiana sono da ricercarsi nelle tendenze all'investimento in beni durevoli (fra cui gli immobili) nel privilegio concesso al denaro contante rispetto ai mezzi fiduciari, che vengono utilizzati con molta cautela, il tutto contornato da un senso del risparmio molto sviluppato tipico di un popolo abituato a vivere in condizioni difficili ed in coerenza con i propri mezzi. Questi comportamenti, che con un termine puramente legale potremmo dire essere quelli del buon padre di famiglia e del buon investitore sono visti con sempre maggiore ostilità da chi guida il paese, ultimo fra tutti, il professor Mario Monti, il cui operato, tutto proteso a 'modificare le nostre abitudini', come dichiarato al giornale Time, mi ha fatto ricordare il monito di un altro professore Ludwig von Mises che consigliava cautela verso gli intellettuali e il loro potenziale operato contro i propri simili.

Non è ben chiaro quando questi comportamenti siano diventati una 'barbara abitudine' da scardinare, sopratutto il binomio  risparmio extra-bancario e uso del denaro contante, la cui combinazione benché perfettamente razionale e assolutamente desiderabile dal punto di vista dei singoli soggetti, è considerata come un ostacolo da chi ha piani più vasti che richiedono soggetti meno autonomi e meno anonimi. Ecco dunque il fiorire di discussioni sull'arretratezza degli italiani propugnate da intellettuali economicamente dementi, politici altrettanto ignoranti (o in mala fede), professori 'anglicizzati' e banchieri alla spasmodica caccia di liquido. Queste potenti forze hanno esortato i cittadini ad abbandonare la carta (straccia ma reale) in favore della carta di credito e degli assegni per realizzare anche da noi di quella 'società fondata sui debiti' che tanto sembrava funzionare bene in tutto il resto del mondo, e qui il sembrava è d'obbligo.
Non attaccando questa tattica, si è passati gradualmente alla criminalizzazione del contante (e quindi del common-sense) sostenendo il parallelismo assurdo "denaro contante = criminalità" (come dire coltello=assassino o pistola=delinquente) creando subito una presunzione di colpevolezza 'assoluta' in chi non gradisce l'uso di mezzi fiduciari, su questa falsariga la promozione e l'attuazione di limitazioni sempre più pesanti al pagamento in contanti, sostenute non a caso da tutti i 'boiardi' dell'economia mainstream fra i quali illustri banchieri oggi ministri o sottosegretari e 'grandi' economisti e/o ex-presidenti del consiglio. L'idea è sempre la solita, bisogna stanare 'i risparmi' delle famiglie e costringerli a spendere più di quanto non farebbero, perché secondo un principio tutto keynesiano, il risparmio è male, una pulsione da combattere, ancora peggio in tempo di crisi, dove bisogna 'raccattare' ogni centesimo per fare partire quei programmi di investimento pubblico che dovrebbero annullare la crisi, almeno in teoria, seguendo una teoria che non ha mai risolto una crisi, ma che ha dato grande potere allo stato e molta instabilità alle persone.

A mio parere quello che non funziona nell'economia italiana non è l'impostazione dei singoli soggetti, questa nazione è sempre stata forte nel commercio e nella finanza, sin dai tempi del medioevo, le nostre conoscenza 'microeconomiche' sono sostanzialmente le migliori del mondo, la propensione al risparmio, lo spiccato senso imprenditoriale, la tendenza all'avventura e dunque al rischio di impresa, la propensione al denaro 'solido' (più solido possibile) e la la diffidenza del credito hanno fatto della nostra economia quello che oggi è nonostante tutto. Il problema è che questo paese ed il suo 'common sense' non si abbina agli strambi approcci macroeconomici che intellettuali e politici propugnano con forza come panacea di ogni crisi, l'Italia è il migliore esempio a sostegno dell'economia di mercato vera, quella dal basso; non è un caso che le nostre migliori aziende siano quelle che nulla o poco hanno a che fare con lo stato mentre quelle che si trovano in cronica carenza di ossigeno ed idee siano sempre quelle che in qualche maniera hanno usufruito di sconti, finanziamenti, protezioni o privilegi, quello che ci ha reso grande nel mondo, non è stato partorito dalle menti dei grandi economisti, dei capitalisti assistiti o da qualche oscuro burocrate operante negli ex-istituti Beneduce, come L'IRI, il made in italy, è frutto del genio di singoli estremamente dinamici e dotati di uno spirito imprenditoriale più forte della cappa statalista che circonda la nazione, questi soggetti paradossalmente sono animati da quei semplici principi economici che i governi di ogni tempo si sono impegnati a reprimere o combattere.
I modelli che le nostre elites vorrebbero applicare sono l'esatto opposto della solidità e dell'economia di mercato, i loro piani prevedendo un economia calata dall'alto, tali piani non si associano con chi è veramente animato da quello spirito di impresa che ci contraddistingue, ma questo non ferma il progressismo di una certa parte di elite che tentano comunque di imporre il loro modo di pensare anche utilizzando lo strumento mediatico da qui i mille paragoni con questo o quel paese d'Europa, e se non bastasse gli interventi normativi sempre più dettagliati e bizzarri che più che 'regolare' degli aspetti funzionali al sistema economico, vogliono 'creare' un sistema economico che funzioni secondo dei dettami statici, follia allo stato puro.
In pratica la lotta è sempre lo stessa la libertà contro la coercizione; E' più importante la realtà o l'idea della realtà? La legge deve essere espressione del popolo o il popolo deve essere plasmato dalla legge?

Quello che non funziona in questo paese è il tentativo di 'cambiare le menti degli italiani' per farli diventare qualcosa che non sono o che non vogliono essere, il tentativo di omogeneizzare noi ad altri è del tutto vano, la grande eterogeneità e il forte spirito individuale che abbiano non dovrebbe essere sempre indicato come 'il problema' ma riconosciuto come la vera 'forza' di questa penisola piccola territorialmente povera di materie prime, ma ricca di spunti e di possibilità come solo poche altre terre al mondo. Se la nostra economia non è arrivata a quei livelli di ricchezza e solidità a cui avrebbe potuto tranquillamente assurgere, lo si deve solamente alla tendenza dello stato e della politica di interferire con il nostro modus vivendi e operandi, dove per interferenza non si intende la 'punizione' dei malcostumi e della criminalità ma la sostituzione forzosa dei modi di fare e di operare sulla base di un ipotetico 'ottimo' che guarda caso è sempre distante anni luce dal nostro consueto essere. In economia ad esempio il tentativo di immettere forzosamente modelli macroeconomici 'socialdemocratici' per il gusto di copiare questo o quell'altro paese europeo, rinnegando quei semplici principi di 'salute economica' che ci contraddistinguono da secoli, ha generato questo sfacelo di debiti, lassismo e assistenzialismo, mediato solo in parte dalle antiche tendenze che ancora sopravvivono nelle nostre PMI oggi sempre meno libere di applicarle. Se lo Stato decidesse finalmente di smettere la sua inutile crociata per 'cambiare le menti degli Italiani' e di conseguenza se smettessimo di scopiazzare altri sistemi che nulla hanno a che vedere con i nostri, forse potremmo veramente raggiungere risultati impensabili non solo sotto il profilo economico.

Ricordo che da più di 150 anni qualcuno ha fatto 'L'Italia' e sta cercando di fare gli Italiani, senza successo, forse sarebbe ora di capire che se è relativamente facile conquistare terre e imporvi leggi, lingue e valute è praticamente impossibile plasmare le menti della gente a proprio piacimento e contro la loro volontà, l'Italia non sarà mai ricca, solida e unita, fin quando non si porrà fine a questo centenario esperimento di 'fusione forzosa' e di 'modellazione della realtà'. Noi non abbiamo bisogno di essere qualcos'altro o qualcun altro, quello di cui abbiamo bisogno è lo spazio per essere noi stessi, senza governi e stati che impongano su tutti il proprio volere spacciandolo per 'bene comune'.

Vogliamo fare una vera Italia? Bene, lasciamo in pace gli Italiani.

19 gennaio 2012

In Difesa della Libertà ; Contro lo statalismo socialista.

Il momento prima della tempesta spinge alla riflessione, se osservo quello che mi circonda, non posso fare a meno di pensare che al di la di ogni ragionevole dubbio, la nostra assuefazione da Stato sia arrivata a livelli di cronicità insostenibili, che nemmeno l'orrore per lo spreco di denaro pubblico e l'irresponsabilità dell'apparato sembra riuscire ad intaccare.


Basta fare due passi per strada, accendere una tv o entrare su un blog per vedere cittadini che si indignano più o meno una volta al giorno, per gli sprechi le inefficienze o la mancanza totale dei servizi, per l'incremento dell'imposizione fiscale, per la bassa qualità del personale, la burocrazia pestilenziale, l'astrusità giuridica, dei tempi biblici della magistratura, dell'infimo livello dei politici, del degrado diffuso, della difficoltà dell'esercitare una professione, della continua perdita di potere del nostro denaro. Tutto questo dovrebbe portare a una 'svolta' nel modo di intendere lo Stato e i diritti/doveri del cittadino.


Invece no.


Dopo una serie di feroci invettive la media della cittadinanza 'resetta' e inizia a tirare fuori dal cilindro della retorica giustificazioni e attenuanti come:
  1. - " Si ma hanno pochi fondi..."
  2. - " E' colpa dei capo-ufficio che non fanno rispettare le regole..."
  3. - " E' colpa di (inserire nome paese straniero) o di  (inserire nome categoria lavorativa) se questo paese non va avanti, se non ci fossero (inserire nome categoria di appartenenza).
  4. - " Senza il servizio X come faremmo a controllare Y?"
  5. - " Ma la colpa non è loro, è la società"
  6. - " Fidati, è tutto un complotto..."
  7. - " Tutto il mondo è paese"
  8. - " Se non ci fossero gli immigrati"
  9. - " Se non ci fosse il meridione"
  10. - " Se non ci fosse Roma"
  11. - " Se ... ma... beh... forse..."


Miliardi di scuse al secondo per... smentire se stessi e il proprio giusto disappunto. Per una qualche strana ragione la prospettiva di essere risucchiati in un vortice di tasse e imposte, essere sempre più controllati e sorvegliati a fine cautelare, fino alle estreme conseguenze, non riesce a fare oltrepassare alla gente la linea di confine fra generico lamento e fermo disappunto.
C'è uno strano conflitto 'interiore' fra la razionalità del contribuente stanco di essere depredato e ingannato e quell'atavico senso di pseudo-sicurezza che vorrebbe farci credere che nonostante tutto anche se sbagliassimo nella vita, ci sarà qualcuno o qualcosa, di disinteressato e benevolo che poserà la sua mano su di noi e ci libererà dalla conseguenza delle nostre azioni, e non sto parlando di Dio, ma di un dio minore in terra. Nemmeno la costatazione oggettiva dei fatti di cronaca che dimostra inequivocabilmente che se per malaugurato caso dovessimo avere grosse difficoltà non ci sarà nessun 'ufficiale gentiluomo' a prendersi cura di noi in memoria dei bei tempi in cui contribuimmo all'erario,  anzi molto spesso lo stesso esecutore della disgrazia del singolo è proprio lo stato con i suoi atti (vedi Fisco). Non basta nemmeno l'altrettanto sensato pensiero che ci ricorda che nel caso andasse tutto storto potremo contare solo sulle persone care e magari sulla benevolenza e la solidarietà di qualche nostro amico o organizzazione di volontariato o religiosa filantropica. Purtroppo la fantasia supera la realtà dando vita al grande "De-responsabilizzatore", e padre putativo di tutti noi, Lo Stato, che distribuirebbe beni e servizi gratuitamente e disinteressatamente alla popolazione.


Con questo bagaglio di percezioni disturbate, è più che ovvio che una maggior parte delle persone si aggrappi alla lettera morta della legge che traccia diritti a volte immaginifici con solennità quasi divina, e si senta smarrita quando sente parlare di tagli alla spesa e restringimento dello stato, è pazzesco, come se si proponesse loro di tagliarsi una gamba o un polmone, come fareste senza una gamba o un polmone? Sareste incapacitati a vita, dunque il panico e la resistenza: Come farebbe la collettività a sopravvivere se non avesse la pensione governativa e la compagnia dei trasporti municipalizzata, il catasto o il CONI, i contributi, gli sgravi, la televisione pubblica, i finanziamenti a partiti/giornali/sindacati? Si può fare anche di peggio, sfociare in vere suggestioni collettive come quelle che qualche associazione di negozianti ha paventato, sostenendo che non si sopravviva senza orario unico di apertura/chiusura degli esercizi, perché il consumatore SI CONFONDE, o che l'aumento della distribuzione dei farmaci 'NON GIOVA AL CONSUMATORE' parola di farmacisti, o che gli albi professionali servono 'A garantire la qualità' (e qui ci starebbe "Parola di Francesco Amadori").


Ovviamente 2/3 di queste giustificazioni sono pretestuose; si può anche capire la tendenza di un settore a chiudersi a riccio contro il mondo per difendere se stesso dalla minaccia del mercato, che elimina le rendite di posizione, ma il fatto di buttarla sul sociale è francamente patetica, come se il farmacista, medico, avvocato, ferroviere sapesse lui quale è l'interesse supremo del consumatore e che necessita la guida e l'impalcatura degli ordini e delle licenze ristrette per avere un servizio di qualità. Gli spettri che agitano sono più che altro propri, la fine del monopolio avente forza di legge, farebbe arrivare nuovi e agguerriti concorrenti pronti a offrire prezzi più bassi alla comunità, per gli ex-protetti disabituati alla competizione, al marketing e in generale all'imprenditorialità, diventerebbe tutto più duro.


Ma c'è anche di peggio; in TV, fra spot sui parassiti, pubblicità ingannevoli che collegano il livello dei servizi alla quantità di denaro spesa, cosa del tutto smentibile sotto il profilo economico e organizzativo, e dulcis in fundo sulla gioia di pagare forzosamente 'l'abbonamento' alla Tv di Stato con tanto di frase ad effetto "IL CANONE E' UN TRIBUTO, PAGARLO E' OBBLIGATORIO", (giusto per chiarire che non si tratta di un abbonamento come quello delle pay-per-view, ma di una vera e propria tassa, fine del discorso) ecco spuntare un ragazzo, faccia pulita, occhialini e barba curata che nel mezzo di un bel discorso pronuncia una frase che mi ha lasciato perplesso:


 "Lo Stato siamo noi".


Vediamo un po; Se dicessi che lo stato sono io, allora potrei anche dire 'Il comune sono io(?)' , 'La regione sono io (?)' , 'La provincia sono io (?)' la cosa potrebbe reggere, magari sotto il punto di vista della rappresentanza? Ma questo nuovo super-io statale quali poteri ha rispetto al vecchio io 'individuale' ? Può indicare una preferenza (proporzione 1:50.000.000) con la quale sceglie chi mi dovrà comandare, il quale non è responsabile e non è vincolato da alcun mandato, con il potere che io gli conferisco, il rappresentante può prendere qualsiasi decisione egli ritenga opportuna, ma posso minacciare di non votarlo più fra ... 5 anni. Devo dire che si tratta di uno scambio poco conveniente quello dell'urna elettorale fra un potere decisionale enorme e il diritto al voto. Ma non c'è nulla di meglio sulla piazza, o questo o l'astensione che comunque non ti mette al riparo dalla decisione degli altri votanti.


Poi ho il dovere di contribuire 'al benessere materiale della società' e non lavorando o essendo d'aiuto nel mio piccolo ai miei simili, quello non conta, contribuisco versando 'coattivamente' somme di denaro allo stato, il quale non mi fornisce alcuna spiegazione del 'come, quando e perchè queste somme verranno spese' mi basti sapere che è per il bene comune. Stavolta non ho nemmeno potere di minaccia perché se pavento l'ipotesi di non pagare, beh, la strada è la confisca o la galera.


Non mi pare che questo "Io-Stato" sia così desiderabile e nemmeno così oggettivo, al limite potrei considerarmi come un "io soggetto allo Stato", e se questa potrebbe essere in una certa percentuale una cosa desiderabile, per la pacifica convivenza umana, è sempre bene sottolineare che esiste una netta differenza fra 'Individui' e 'Stato' dove i primi sono esseri senzienti con le loro aspettative, desideri e disponibilità e lo Stato è solo un apparato creato per svolgere delle funzioni ritenute 'utili' dai singoli. Ma se così fosse quando avremmo dato delega allo Stato di "prendersi cura di noi dalla culla alla tomba", quando avremmo firmato una delega in bianco senza scadenza e a suo favore? Da quando la visione dell'uomo soggetto alle leggi, è diventata quella dello "Stato siamo noi"?


Probabilmente una delle fonti più 'autorevoli' della visione onnipotente dello stato fu il filosofo tedesco Hegel che nella sua ben nota attività di apologeta del potere assoluto Prussiano e in piena coerenza con la sua visione di uomo-Dio, predicava:


' Lo stato moderno, dimostrando la realtà della comunità politica, quando compreso filosoficamente, può dunque essere visto come la più grande articolazione dello Spirito, o Dio nel mondo contemporaneo'


e ancora 


' Lo stato è la suprema manifestazione dell'attività di Dio nel mondo' e 'Lo Stato si innalza al di sopra di tutto; è lo Spirito che riconosce se stesso come essenza e realtà universale' 


e infine 


' Lo Stato è la volontà di Dio'


E la libertà umana ? Hegel aveva un concetto tutto proprio che si può riassumere così:


"La 'libertà' è desiderare al di sopra di ogni cosa di servire al successo e alla gloria del proprio Stato. In questo desiderio si sta desiderando il compimento della volontà di Dio."


Ergo "Lo Stato siamo noi" perché Noi in quanto individui siamo irrilevanti.


Anche se può sembrare semplice filosofia priva di ogni fondamento, certi schemi di pensiero si insinuano 'malignamente' nel pensiero comune e a forza di ripetizione, magari in forma più blanda, anche l'assurdo diventa realtà consolidata.


Se questo antico pensiero (l'assolutismo a dire il vero è più antico del pensiero Hegeliano, già Platone aveva le sue derive totalitariste) è riuscito a radicarsi anche un po nella mente dell'uomo moderno, non stupisce che fare notare la differenza fra lo Stato-apparato con i suoi compiti e limiti e la popolazione con i suoi diritti e doveri, il tutto spolverato dalla ragionevolezza (No, non hai diritto al posto a vita... non ha il diritto di pretendere beni e servizi gratuitamente se non hai gravi necessità... no, le gravi necessità non sono comprarti il televisore a led o la macchina nuova) diventa quasi una blasfemia anti-sociale, in fondo ci si sta opponendo alla 'volontà di dio' un dio minore, che paradossalmente è la negazione diretta di quel Dio che invece avrebbe donato all'uomo il libero-arbitrio e la coscienza individuale, cosa che spesso anche un certo tipo di ecclesiastici dimentica.


Non provate però a domandare direttamente a qualcuno se si ritiene un 'umile strumento nella vigna del dio-Stato' anche il socialista più convinto non dirà mai che lo Stato è Dio, o quanto meno non lo dirà mai esplicitamente, però ma nel suo agire, nel suo indorare i fenomeni di massa, come se non fossero composti da persone con volontà proprie ma da aggregati pensanti e infallibili, nel suo rigido modo di concepire le regole al quale ogni uomo si dovrebbe sottoporre senza alcuna possibilità di scampo o di discussione, nel suo disprezzo per la diversità delle opinioni e nella tendenza all'uniformità è di fatto un fedele seguace del Dio-Stato.


Per fortuna in mezzo a questo miasma di retorica demente e di proclami che annunciano all'uomo la 'lieta novella' dell'annientamento della propria personalità e individualità nell'amorfo concetto di 'massa' o di 'classe' alcuni uomini, hanno visto chiaramente cosa è lo Stato e quali sono gli effetti dei suoi ingannevoli poteri al di la della mistica hegeliana, eccone tre che mi hanno particolarmente colpito:


Anne Robert Jacques Turgot: "Quello dello stato è un sistema di guerre di reciproche oppressioni, nelle quali il governo presta la sua autorità a tutti che la useranno a loro volta contro tutti, questo per creare una sorta di bilanciamento di danni e ingiustizie fra ogni tipo di impresa (e soggetto) dove tutti infine perdono ugualmente.'


Jean Baptiste Say: "Per utilizzare l'espediente della tassazione come stimolo per aumentare la produzione, vuol dire di raddoppiare gli sforzi della comunità, per il solo scopo di moltiplicare le sue privazioni, piuttosto che i benefici. Infatti, se una maggiore tassazione da applicare al supporto di una complessa, ingombrante, e ostentata amministrazione interna, o di un superfluo e sproporzionato establishment militare, che agisce come un drenaggio di ricchezza individuale e del fiore della gioventù nazionale, ed un aggressore della pace e della felicità della vita domestica, non sarà questo pagare a caro prezzo una così grave minaccia pubblica, come se fosse un beneficio di prima grandezza?"


"La migliore tassazione è dunque la minore tassazione possibile, la migliore spesa pubblica è la minore spesa".


Frèdèric Bastiat: "Lo Stato è una grande finzione con la quale tutti cercano di vivere a scapito di qualcun altro" "La legge e il governo dovrebbero limitarsi strettamente a difendere la persona, la libertà, e i beni delle persone dalla violenza; ogni altro ruolo può sfociare in conseguenze distruttive per la libertà e la prosperità".




Qualcuno a questo punto vi dirà che "Questo ruolo è limitativo" infatti lo stato sarebbe un semplice guardiano e giudice, non il medico/maestro/investitore/moralizzatore/sindacalista/ferro-tranviere/banchiere/muratore/impresario/mecenate/presidente dello sport/cinematografo che è oggi; questo sarebbe un 'regresso' secondo l'intelligentsia, che andrebbe a scapito del benessere sociale. Ma come giudicare l'operato dell'apparato in così tanti settori, se non scadente o al massimo mediocre? Per altro, la difesa della sicurezza e della proprietà che fu il primo compito dello stato 'minimo' come viene affrontato dal polimorfico stato-sociale? Male, anzi malissimo, la giustizia è alla deriva, i processi durano decenni, un uomo che vanta un credito insoluto fa quasi prima a non procedere nemmeno in giudizio, la normazione ha raggiunto punti di contraddittorietà paradossali ottimi per generare la confusione utile alla criminalità organizzata, le forze di sicurezza hanno sempre meno mezzi e meno personale adeguato e sempre più spesso vengono trattate da 'ammortizzatore sociale', le nostre forze militari anche quelle 'gonfiate' dalla necessità di 'dare lavoro' sono in giro per il mondo a costruire stati democratici, sotto l'egida dell'Onu, senza che nessuna guerra sia mai stata dichiarata dal 1948 ad oggi. Insomma oltre ad essere meno ricchi e meno liberi, siamo anche meno sicuri e meno tutelati, questo è il vero regresso che i 'progressisti' e la loro brama di controllare il mondo non ammetteranno mai.


In mezzo a tante considerazioni, non dimentico mai il monito che una persona saggia mi diede tanti anni orsono "Sii sempre realista quando parli del presente, ma cerca di essere ottimista per il futuro". Ora che il nostro paese arriva ad un nuovo bivio sollecitato dalla crisi dei mercati, sarebbe arrivato il momento di poter finalmente puntare a qualcosa di meglio rispetto quanto avuto oggi, regime interventisti come il Regno d'Italia e la I Repubblica, o puramente NazionalSocialisti come quello dello Stato Fascista, magari partendo da quei vecchi ma sempre attuali ideali di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza, cari non solo alla logica della rivoluzione Francese ma anche all'insegnamento Cristiano che ha lasciato tracce indelebili nella realtà europea, possibilmente  non intaccati dal veleno dello statismo che abolisce il senso individuale della coscienza umana, predica l'unione forzata eliminando la possibilità che gli uomini si aggreghino pacificamente  mettendo le persone le une contro le altre sfruttando le nostre recondite paure e pulsioni.  Ma la strada della tirannia non deve essere imboccata per forza, non esistono delle leggi storiche 'scientifiche' che portano necessariamente ad un conflitto totale o alla creazione di un Mega-stato oppressore del genere umano. Tutto può essere evitato finché ci saranno uomini di buona volontà che non si arrogheranno il diritto di forzare i propri simili a prendere strade che non vogliono seguire e penso che persone ragionevoli, non animate dagli insani sentimenti di 'distruzione' che hanno pervaso il novecento siano la maggior parte e che desiderino solo la pace, la prosperità e la libertà. Questa via non è soltanto ipotizzabile è anche percorribile, ed è la sola speranza che il genere umano ha di non piombare di nuovo nella barbarie dei conflitti, nella miseria e nella schiavitù.


Ogni cosa è possibile, se la si vuole veramente ottenere e se si lavora realmente per essa.

15 settembre 2011

"Cosa può fare il governo per creare occupazione"

Peter Schiff

Come primo post per inaugurare il blog riporto il discorso che Peter Schiff, Amministratore generale della Euro Pacific Capital Inc. e della Euro Pacific Precious Metals. Schiff imprenditore e uomo politico è noto per essere un contestatore delle politiche fiscali restrittive ed un conoscitore della Scuola Austriaca di economia, alla quale fu introdotto dal padre Irwin Schiff, figura prominente del movimento di contestazione fiscale americano. Le sue tesi nette e dure offrono uno spunto di riflessione sull'operato dei governi e le distorsioni del sistema economico attuale. Buona lettura ~~~





Audizione di Peter D.Schiff

Offerta alla Commissione Parlamentare con delega alla riforma governativa ed alla supervisione degli aiuti economici.

13 Settembre 2011


Signor presidente, Signori membri anziani e voi tutti distinti membri di questo consesso. Grazie per avermi invitato qui oggi per offrirvi il mio parere su come il governo possa promuovere la ripresa dell'economia Americana, da quella che è senz'altro la peggiore crisi a memoria d'uomo.

Nonostante la comprensibile propensione umana che spinge il governo ad aiutare gli altri, la spesa governativa non è fonte produttiva di occupazione. Infatti molte misure attualmente sotto esame dell'Amministrazione e del Congresso distruggeranno sistematicamente posti di lavoro. Queste misure devono essere fermate. Mentre sarà semplice costatare come i programmi governativi volti alla creazione di specifici posti di lavoro possano funzionare grazie alla spesa in deficit del governo,sarà difficile percepire gli effetti distruttivi che questo spostamento di capitali e risorse avrà sugli altri posti di lavoro. Altrettanto difficile sarà notare quanto i crescenti deficit di bilancio minino la vitalità dell'economia distruggendo contemporaneamente posti di lavoro.

In un libero mercato i posti di lavoro sono creati dalle aziende a scopo di lucro con accesso al capitale. Sfortunatamente le tasse governative e la regolamentazione diminuiscono i profitti, mentre la spesa in deficit e i tassi di interesse tenuti artificialmente bassi, inibiscono la formazione del capitale. Il risultato è un alta disoccupazione che probabilmente continuerà ad aumentare fin quando non si verificherà un inversione di tendenza.

E' mia convinzione che un dollaro di spesa in deficit faccia molto più danno all'occupazione rispetto ad un dollaro di tasse. Questo perché le tasse (specialmente quelle che colpiscono le classi di reddito medie e basse) hanno un forte impatto sulla spesa, mentre il deficit agisce direttamente sui risparmi e gli investimenti. Contrariamente alla convinzione sostenuta da molti economisti la spesa non genera alcuna crescita economica. I risparmi e gli investimenti sono ben più determinanti. Qualsiasi programma che dirotti il capitale verso il consumo allontanandolo dal risparmio e dagli investimenti diminuirà la crescita e l'occupazione future.

Creare lavoro è facile per il governo, ma non tutti i lavori hanno eguale valore. Pagare le persone per scavare fossi e per riempirli non produce nessun beneficio alla società. In definitiva questi "posti di lavoro" indeboliscono l'economia sprecando i fattori di produzione. Noi non vogliamo occupazione per la gloria del lavoro, bensì per il valore in beni e i servizi che essa produce. Se avesse una tipografia, il governo potrebbe dare lavoro a tutti, come successe in Unione Sovietica. Ma se questi lavori non sono produttivi, e i posti di lavoro statali raramente lo sono, la società non ne trae giovamento.

Il discorso vale anche per le tanto decantate "spese infrastrutturali". Qualsiasi finanziamento diretto alle infrastrutture impoverisce l'economia di risorse che avrebbero potuto sostenere progetti che il mercato avrebbe ritenuto di maggior valore economico. Le infrastrutture possono migliorare un economia nel lungo termine, ma solo se gli investimenti riescono ad aumentare la produttività più del costo del progetto stesso. Nel frattempo, i costi in infrastrutture sono fardelli che un economia deve reggere, non un mezzo di per se.

Sfortunatamente la nostra economia è così debole ed indebitata che semplicemente non possiamo permetterci molti di questi progetti. Il lavoro e le altre risorse che verrebbero distolti per finanziarli sono estremamente necessari altrove.

Nonostante sia etichettato come un "programma per l'occupazione", la nuova iniziativa da 447 miliardi di dollari annunciata ieri sera dal Presidente Obama è semplicemente un altro programma di stimolo economico "mascherato". Come tutti i precedenti programmi di stimolo che sono stati immessi nel ciclo economico negli scorsi tre anni, questo giro di "presta e spendi" agirà più da sedativo che da stimolo per l'economia. Sono convinto che ad un anno da oggi ci saranno ancora più disoccupati in America di quanti non ce ne siano adesso, il che porterà al varo di ulteriori stimoli economici che renderanno la situazione ancor peggiore.

Il Presidente ha dichiarato che le spese del piano saranno "coperte" e che non ci saranno ulteriori aumenti del deficit. Convenientemente, non ha offerto nessun dettaglio su come questo risultato verrà raggiunto. Quasi certamente verranno rilasciate indicazioni "non vincolanti" nelle quali sarebbero i futuri parlamenti a "pagare" queste spese tagliando i bilanci nei prossimi cinque anni o dieci anni. Nel frangente il denaro per l'incentivo dovrà venire da qualche parte. Dunque o il governo intende prenderli a prestito legittimamente dai privati, o la Federal Reserve dovrà stamparli. In entrambi i casi gli effetti collaterali derivanti da queste pratiche danneggeranno la crescita economica e l'occupazione abbassando il tenore di vita degli Americani.

Non ci sono dubbi che una certa quantità di posti di lavoro verranno creati da questo programma. Comunque sarà molto difficile capire quanti lavori verranno distrutti o impediti. Un esempio concreto : I 4000 $ di credito di imposta per assumere lavoratori disoccupati da meno di sei mesi. Il sussidio potrebbe avere poco influsso sulle fasce più alte del mercato del lavoro, ma questo potrebbe avere un impatto molto forte sui lavori a basso reddito che invece di aumentare potrebbero incentivare il fenomeno del turn-over.

Dato che un datore di lavoro deve impiegare il lavoratore per almeno 6 mesi per ottenere il credito, per un lavoratore a tempo pieno, il credito riduce il salario minimo da 7.25 $ a 3.40 $ l'ora per un impiegato semestrale. Sicuramente i posti di lavoro a salario minimo non sono molto appetibili per chi gode del sussidio di disoccupazione, la convenienza dell'operazione può creare qualche opportunità per gli adolescenti ed alcuni lavoratori de specializzati a cui sta per scadere il sussidio. Comunque la maggior parte di questi lavori finirà dopo sei mesi in modo tale che i datori di lavoro possano sostituirli con altri per ottenere benefici fiscali aggiuntivi.

Certamente le cifre si fanno sono ancora più interessanti per i datori che si offrissero di impiegare a tempo determinato con un contratto di minimo salariale un veterano, dato che il suddetto salario si ridurrebbe dal punto di vista dell'impresa a solo 1.87$ dollari l'ora. Se un datore assumesse un "veterano ferito" lo sgravio fiscale di 9.600 $ ridurrebbe il salario minimo semestrale da 9.23 $ ad 1.98 $ di credito l'ora. Questa condizione incoraggerà i datori di lavoro ad assumere "veterani feriti" anche a costo di non fargli svolgere alcuna mansione. Un incentivo del genere potrebbe incoraggiare questi soggetti a collezionare molti posti di lavoro non pagato da diversi datori di lavoro. Per quanto assurdo questo possa sembrare, la storia dimostra che quando il governo vara incentivi, il settore privato è disposto a fare carte false per arrogarsi i vantaggi da essi derivati.

Questa misura, crea incentivi per i datori di lavoro che rimpiazzano gli attuali lavoratori a salario minimo con nuovi lavoratori solo per ottenere benefici fiscali, i lavoratori con bassa qualifica sono facili da rimpiazzare dato che i costi di formazione sono minimi. I lavoratori licenziati potranno ottenere i sussidi di disoccupazione per sei mesi per poi essere riassunti per consentire al datore di lavoro di reclamare il credito fiscale. Il solo problema è che il vecchio lavoratore potrebbe preferire al suo vecchio impiego, i sussidi di disoccupazione prolungati.

Il credito di 4.000 $ per assumere i disoccupati e le esplicite sanzioni discriminatorie verso i disoccupati di lungo periodo, potrebbero portare ad una situazione in cui i datori di lavoro assumeranno i candidati che sono disoccupati da meno di sei mesi. In base alla legge, i datori dovrebbero rifiutare a priori di avere colloqui con i candidati disoccupati da più di sei mesi, per evitare azioni legali per discriminazione.

Il risultato creerà semplicemente classi di vincenti (disoccupati da 4 o 5 mesi) e di perdenti (i nuovi disoccupati ed i disoccupati di lunga data). Ironicamente la legge che vieta la discriminazione dei disoccupati di lungo periodo, renderà più difficile per questi ultimi trovare lavoro.

Oggi, inizio a credere che la iper-regolamentazione del mercato e dell'occupazione, ed un complicatissimo e punitivo codice tributario siano un impedimento alla crescita dell'occupazione tanto quanto lo sono la nostra orrenda politica fiscale e monetaria. Da imprenditore so che politiche di gestione scellerate possono causare infinite conseguenze inattese.

Per come la vedo, qui sono elencati i maggior ostacoli che frenano la crescita dell'occupazione;

1 - Politica Monetaria
I tassi di interesse sono troppo bassi. Il denaro a basso costo crea bolle nei mercati azionari e immobiliari e facilità la creazione della bolla dei debiti governativi. Quando questa bolla esploderà le ripercussioni faranno impallidire lo shock prodotto dalla crisi del 2008. I tassi di interesse devono essere aumentati per portare ad un urgente quanto necessaria ristrutturazione della nostra economia. Senza dubbio un ecosistema di alti tassi causerà delle situazioni critiche nel breve periodo. Ma necessitiamo di passare da un economia "presta e spendi" ad una "risparmia e produci". Questo non può essere fatto con i tassi di interesse ultra-bassi. Nel breve periodo il nostro PIL deve contrarsi. Ci sarà un aumento di disoccupazione transitoria, gli immobili e le azioni perderanno valore, molte banche falliranno. Ci saranno più pignoramenti. Le spese governative dovranno essere tagliate. I diritti dovranno essere tagliati, molti elettori saranno arrabbiati, ma questo ecosistema getterà le fondamenta sulle quali un vero recupero può essere costruito.

Il governo deve permette che questa economia "delle bolle" deflazioni completamente. Il valore degli asset, i prezzi e la spesa deve calare, i tassi di interesse, la produzione ed i risparmi deve aumentare. Le risorse, incluso il lavoro devono essere riallocate fuori da alcuni settori, come quello pubblico, i servizi, le finanze, la sanità e l'istruzione e devono essere dirette verso la produzione, le attività estrattive, i sondaggi petroliferi, l'agricoltura ed altri campi di della produzione. Non possiamo tirarci su a forza di "presta e spendi" dato che la crisi è stata causata da troppo ricorso alle politiche "presta e spendi". L'unica strada è invertire la rotta.

2 - Politica Fiscale

Per creare le condizioni che propiziano la crescita, il governo deve bilanciare il bilancio con maggiori tagli alle spese oltre a riformare radicalmente il codice tributario. Sarebbe meglio se tutte le tasse delle persone fisiche e giuridiche fossero rimpiazzate da una tassa nazionale sulle vendite. La nostra tassazione scoraggia le attività che necessitiamo maggiormente; duro lavoro, produzione, risparmio, investimenti e assunzione del rischio d'impresa. Invece l'attuale sistema predilige i consumi e l'indebitamento, dovremmo dunque tassare i redditi spesi e non i redditi in se e per se. Infatti alti livelli di imposizione sui redditi infliggono gravi danni allo sviluppo dell'occupazione, dato che queste imposte sono generalmente pagate con denaro che altrimenti verrebbe utilizzato per finanziare gli investimenti e la creazione di posti di lavoro.

3 - Regolamentazione

La regolamentazione ha aumentato i costi ed i rischi associati alla creazione di occupazione. I datori di lavoro, sono soggetti ad ogni sorta di oneri, tasse e minacce legali. L'atto di dare lavoro dovrebbe essere facilitato. Invece abbiamo reso tutto più difficile. Infatti, fra i piccoli imprenditori, limitare il numero degli addetti è generalmente un obbiettivo. Questa non è una conseguenza del mercato ma un desiderio razionale da parte degli imprenditori di limitare costi e minacce legali i quali pur preferendo assumere lavoratori, a causa dei vincoli aggiuntivi sono costretti a ricercare migliori alternative.

Nella mia azienda, la normativa mi ha proibito di assumere broker per più di tre anni. Sono stato anche multato per 15.000 $ espressamente per aver assunto troppi broker nel 2008. Nel processo ho dovuto sostenere 500.000 $ di spese legali per mitigare sanzioni ancora più severe per aver assunto troppi broker. Mi è stato proibito di aprire ulteriori uffici. Avevo un piano di espansione che avrebbe creato centinaia di posti di lavoro che la normativa mi costretto a mettere in stand-by.

In aggiunta, i costi accessori della regolamentazione delle security mi ha portato alla creazione di una società di brokeraggio offshore per gestire conti esteri oggi troppo costosi da trattare negli USA. I redditi e il lavoro che sarebbe stato prodotto in America ora viene dirottato all'estero. In aggiunta, sto trasferendo molti lavori di gestione patrimoniale, da Newport Beach, California a Singapore.

Più il Congresso aumenta la pressione fiscale e gli ostacoli, più il mio capitale emigrerà all'estero, creando occupazione e introiti fiscali al di fuori degli Stati Uniti.

Per incoraggiare una vera e duratura crescita del lavoro, la migliore cosa che il governo può fare è rendere più semplice possibile l'assunzione e l'impiego del personale. Questo significa deregolamentare. Questo significa eliminare gli aspetti punitivi delle leggi sul lavoro che provocano un eccessiva cautela da parte del datore di lavoro prima di assumere un dipendente. In parole povere, più facile è il licenziamento, più è probabile l'assunzione.

Alcuni passi che il Congresso dovrebbe fare subito;

A - Abolire il salario minimo federale
Il salario minimo non ha mai aumentato il salario di nessuno, serve solo a tracciare arbitrariamente una linea fra chi è impiegabile e chi no. Come i prezzi, i salari sono determinati dalla domanda e dall'offerta. La domanda di lavoratori è una funzione della produttività dei singoli dipendenti. Fissare a 7.25 $ il salario significa semplicemente che solo i lavoratori il cui lavoro può produrre più di 7.25 $ (più i costi associati alla lavorazione) l'ora possono essere considerati per l'assunzione. Quelli che non raggiungono tale soglia, diventano permanentemente inimpiegabili. Il limite artificiale incoraggia i datori di lavoro a minimizzare le assunzioni ed ad automatizzare il più possibile.

Facendo rientrare molti lavoratori a bassa qualifica (come gli adolescenti) in questa categoria il salario minimo preclude la formazione che fornisce ai lavoratori l'esperienza e l'abilità necessaria per pretendere paghe più alte.

B - Abolizione di tutte le leggi federali anti-discriminazione

Una delle ragioni dell'alta disoccupazione fra le minoranze è il timore di azioni legali nelle quali molti imprenditori (specialmente i più piccoli) possono incorrere avendo a che fare con varie categorie di minoranze protette. La possibilità di incorrere in contenziosi e nelle relative spese processuali, costituisce un fattore fortemente deterrente. Dato che è quasi impossibile per un datore di lavoro controllare tutte le evenienze che possono manifestarsi in un ambiente lavorativo, il rischio di contenzioso è un ipotesi tangibile. Per evitare questa eventualità, alcuni datori di lavoro cercano di evitare queste eventualità continuando a cercare categorie meno a rischio. La causa di queste discriminazioni non è il razzismo bensì il desiderio razionale di limitare i possibili problemi. La realtà è che un vero libero mercato punisce i datori di lavoro che discriminano i lavoratori per fattori esterni da quelli lavorativi, questo perché le aziende che assumono basandosi unicamente sul merito guadagnano un vantaggio competitivo. Le norme antidiscriminazione invece diventano il vantaggio di chi discrimina.

C - Abolizione di tutte le leggi concernenti condizioni di lavoro, straordinari, benefit, ferie e assistenza medica.

Il rapporto di lavoro è una relazione volontaria fra le parti. Più spazio hanno le parti per negoziare ed accordarsi, più è probabile che ci saranno nuovi posti di lavoro. Le regole imposte dall'alto creano inefficienze che limitano le opportunità di impiego. I benefit degli impiegati sono un costo di impiego e i lavoratori di valore hanno tutto il potere di contrattazione che vogliono per ottenere benefici dai datori di lavoro, data la libertà che hanno di ricercare maggiori benefici e migliori salari.

Le aziende che non offrono benefit perderanno impiegati a vantaggio di chi invece ne offre. Come gli impiegati sono liberi di abbandonare il posto di lavoro altrettanto dovrebbero essere liberi i datori di chiudere un rapporto lavorativo senza dover incorrere in costose spese. Le persone non dovrebbero guadagnare diritti perché impiegati così come non dovrebbero perderli perché imprenditori.

D- Abolire i sussidi di disoccupazione prolungati

Oltre ad essere una fonte di guadagno di emergenza, i sussidi di disoccupazione diventano sempre più un disincentivo all'occupazione (anche se tale tendenza diminuisce in caso di lavoratori ad alta qualifica che difficilmente abbandonerebbero opportunità lavorative ben retribuite per godere dei sussidi). Per i lavoratori a bassa qualifica i sussidi sono uno dei fattori principali nel valutare la convenienza di un nuovo posto di lavoro.

Anche se il sussidio paga solo una frazione, dello stipendio che il lavoratore percepirebbe con un lavoro a tempo pieno, la cifra potrebbe essere sufficiente per convincerlo a stare a casa. Dopo tutto, ci sono costi associati al lavoro. Non solo un lavoratore subisce le ritenute e paga le imposte sul reddito percepito, la perdita dei sussidi stessa diventa una sorta di imposta, in più il lavoratore deve pagare le spese correlate all'impiego: trasporto, vestiario, pasti, cura dei figli e la inevitabile perdita del tempo libero (lavori domestici, vita familiare).

Comprensibilmente, molte persone trovano preferibile il tempo libero rispetto al lavoro. Come risultato ogni lavoro che non offre un vantaggio economico maggiore rispetto ai sussidi sarà certamente rifiutato. Questo rende sempre più i beneficiari dei sussidi una classe di soggetti permanentemente disoccupati.
Non è un caso che l'occupazione cresca improvvisamente quando i sussidi scadono per molte categorie di lavoratori. In fatti, molti soggetti cercano di massimizzare i benefici ottenuti dai sussidi e rimangono disoccupati fin quando questi non decorrono. Se devono svolgere una mansione, cercano un lavoro in nero, per non perdere quanto ottenuto con i sussidi. 

Fonte : Euro Pacific Capital Inc.