19 gennaio 2012

In Difesa della Libertà ; Contro lo statalismo socialista.

Il momento prima della tempesta spinge alla riflessione, se osservo quello che mi circonda, non posso fare a meno di pensare che al di la di ogni ragionevole dubbio, la nostra assuefazione da Stato sia arrivata a livelli di cronicità insostenibili, che nemmeno l'orrore per lo spreco di denaro pubblico e l'irresponsabilità dell'apparato sembra riuscire ad intaccare.


Basta fare due passi per strada, accendere una tv o entrare su un blog per vedere cittadini che si indignano più o meno una volta al giorno, per gli sprechi le inefficienze o la mancanza totale dei servizi, per l'incremento dell'imposizione fiscale, per la bassa qualità del personale, la burocrazia pestilenziale, l'astrusità giuridica, dei tempi biblici della magistratura, dell'infimo livello dei politici, del degrado diffuso, della difficoltà dell'esercitare una professione, della continua perdita di potere del nostro denaro. Tutto questo dovrebbe portare a una 'svolta' nel modo di intendere lo Stato e i diritti/doveri del cittadino.


Invece no.


Dopo una serie di feroci invettive la media della cittadinanza 'resetta' e inizia a tirare fuori dal cilindro della retorica giustificazioni e attenuanti come:
  1. - " Si ma hanno pochi fondi..."
  2. - " E' colpa dei capo-ufficio che non fanno rispettare le regole..."
  3. - " E' colpa di (inserire nome paese straniero) o di  (inserire nome categoria lavorativa) se questo paese non va avanti, se non ci fossero (inserire nome categoria di appartenenza).
  4. - " Senza il servizio X come faremmo a controllare Y?"
  5. - " Ma la colpa non è loro, è la società"
  6. - " Fidati, è tutto un complotto..."
  7. - " Tutto il mondo è paese"
  8. - " Se non ci fossero gli immigrati"
  9. - " Se non ci fosse il meridione"
  10. - " Se non ci fosse Roma"
  11. - " Se ... ma... beh... forse..."


Miliardi di scuse al secondo per... smentire se stessi e il proprio giusto disappunto. Per una qualche strana ragione la prospettiva di essere risucchiati in un vortice di tasse e imposte, essere sempre più controllati e sorvegliati a fine cautelare, fino alle estreme conseguenze, non riesce a fare oltrepassare alla gente la linea di confine fra generico lamento e fermo disappunto.
C'è uno strano conflitto 'interiore' fra la razionalità del contribuente stanco di essere depredato e ingannato e quell'atavico senso di pseudo-sicurezza che vorrebbe farci credere che nonostante tutto anche se sbagliassimo nella vita, ci sarà qualcuno o qualcosa, di disinteressato e benevolo che poserà la sua mano su di noi e ci libererà dalla conseguenza delle nostre azioni, e non sto parlando di Dio, ma di un dio minore in terra. Nemmeno la costatazione oggettiva dei fatti di cronaca che dimostra inequivocabilmente che se per malaugurato caso dovessimo avere grosse difficoltà non ci sarà nessun 'ufficiale gentiluomo' a prendersi cura di noi in memoria dei bei tempi in cui contribuimmo all'erario,  anzi molto spesso lo stesso esecutore della disgrazia del singolo è proprio lo stato con i suoi atti (vedi Fisco). Non basta nemmeno l'altrettanto sensato pensiero che ci ricorda che nel caso andasse tutto storto potremo contare solo sulle persone care e magari sulla benevolenza e la solidarietà di qualche nostro amico o organizzazione di volontariato o religiosa filantropica. Purtroppo la fantasia supera la realtà dando vita al grande "De-responsabilizzatore", e padre putativo di tutti noi, Lo Stato, che distribuirebbe beni e servizi gratuitamente e disinteressatamente alla popolazione.


Con questo bagaglio di percezioni disturbate, è più che ovvio che una maggior parte delle persone si aggrappi alla lettera morta della legge che traccia diritti a volte immaginifici con solennità quasi divina, e si senta smarrita quando sente parlare di tagli alla spesa e restringimento dello stato, è pazzesco, come se si proponesse loro di tagliarsi una gamba o un polmone, come fareste senza una gamba o un polmone? Sareste incapacitati a vita, dunque il panico e la resistenza: Come farebbe la collettività a sopravvivere se non avesse la pensione governativa e la compagnia dei trasporti municipalizzata, il catasto o il CONI, i contributi, gli sgravi, la televisione pubblica, i finanziamenti a partiti/giornali/sindacati? Si può fare anche di peggio, sfociare in vere suggestioni collettive come quelle che qualche associazione di negozianti ha paventato, sostenendo che non si sopravviva senza orario unico di apertura/chiusura degli esercizi, perché il consumatore SI CONFONDE, o che l'aumento della distribuzione dei farmaci 'NON GIOVA AL CONSUMATORE' parola di farmacisti, o che gli albi professionali servono 'A garantire la qualità' (e qui ci starebbe "Parola di Francesco Amadori").


Ovviamente 2/3 di queste giustificazioni sono pretestuose; si può anche capire la tendenza di un settore a chiudersi a riccio contro il mondo per difendere se stesso dalla minaccia del mercato, che elimina le rendite di posizione, ma il fatto di buttarla sul sociale è francamente patetica, come se il farmacista, medico, avvocato, ferroviere sapesse lui quale è l'interesse supremo del consumatore e che necessita la guida e l'impalcatura degli ordini e delle licenze ristrette per avere un servizio di qualità. Gli spettri che agitano sono più che altro propri, la fine del monopolio avente forza di legge, farebbe arrivare nuovi e agguerriti concorrenti pronti a offrire prezzi più bassi alla comunità, per gli ex-protetti disabituati alla competizione, al marketing e in generale all'imprenditorialità, diventerebbe tutto più duro.


Ma c'è anche di peggio; in TV, fra spot sui parassiti, pubblicità ingannevoli che collegano il livello dei servizi alla quantità di denaro spesa, cosa del tutto smentibile sotto il profilo economico e organizzativo, e dulcis in fundo sulla gioia di pagare forzosamente 'l'abbonamento' alla Tv di Stato con tanto di frase ad effetto "IL CANONE E' UN TRIBUTO, PAGARLO E' OBBLIGATORIO", (giusto per chiarire che non si tratta di un abbonamento come quello delle pay-per-view, ma di una vera e propria tassa, fine del discorso) ecco spuntare un ragazzo, faccia pulita, occhialini e barba curata che nel mezzo di un bel discorso pronuncia una frase che mi ha lasciato perplesso:


 "Lo Stato siamo noi".


Vediamo un po; Se dicessi che lo stato sono io, allora potrei anche dire 'Il comune sono io(?)' , 'La regione sono io (?)' , 'La provincia sono io (?)' la cosa potrebbe reggere, magari sotto il punto di vista della rappresentanza? Ma questo nuovo super-io statale quali poteri ha rispetto al vecchio io 'individuale' ? Può indicare una preferenza (proporzione 1:50.000.000) con la quale sceglie chi mi dovrà comandare, il quale non è responsabile e non è vincolato da alcun mandato, con il potere che io gli conferisco, il rappresentante può prendere qualsiasi decisione egli ritenga opportuna, ma posso minacciare di non votarlo più fra ... 5 anni. Devo dire che si tratta di uno scambio poco conveniente quello dell'urna elettorale fra un potere decisionale enorme e il diritto al voto. Ma non c'è nulla di meglio sulla piazza, o questo o l'astensione che comunque non ti mette al riparo dalla decisione degli altri votanti.


Poi ho il dovere di contribuire 'al benessere materiale della società' e non lavorando o essendo d'aiuto nel mio piccolo ai miei simili, quello non conta, contribuisco versando 'coattivamente' somme di denaro allo stato, il quale non mi fornisce alcuna spiegazione del 'come, quando e perchè queste somme verranno spese' mi basti sapere che è per il bene comune. Stavolta non ho nemmeno potere di minaccia perché se pavento l'ipotesi di non pagare, beh, la strada è la confisca o la galera.


Non mi pare che questo "Io-Stato" sia così desiderabile e nemmeno così oggettivo, al limite potrei considerarmi come un "io soggetto allo Stato", e se questa potrebbe essere in una certa percentuale una cosa desiderabile, per la pacifica convivenza umana, è sempre bene sottolineare che esiste una netta differenza fra 'Individui' e 'Stato' dove i primi sono esseri senzienti con le loro aspettative, desideri e disponibilità e lo Stato è solo un apparato creato per svolgere delle funzioni ritenute 'utili' dai singoli. Ma se così fosse quando avremmo dato delega allo Stato di "prendersi cura di noi dalla culla alla tomba", quando avremmo firmato una delega in bianco senza scadenza e a suo favore? Da quando la visione dell'uomo soggetto alle leggi, è diventata quella dello "Stato siamo noi"?


Probabilmente una delle fonti più 'autorevoli' della visione onnipotente dello stato fu il filosofo tedesco Hegel che nella sua ben nota attività di apologeta del potere assoluto Prussiano e in piena coerenza con la sua visione di uomo-Dio, predicava:


' Lo stato moderno, dimostrando la realtà della comunità politica, quando compreso filosoficamente, può dunque essere visto come la più grande articolazione dello Spirito, o Dio nel mondo contemporaneo'


e ancora 


' Lo stato è la suprema manifestazione dell'attività di Dio nel mondo' e 'Lo Stato si innalza al di sopra di tutto; è lo Spirito che riconosce se stesso come essenza e realtà universale' 


e infine 


' Lo Stato è la volontà di Dio'


E la libertà umana ? Hegel aveva un concetto tutto proprio che si può riassumere così:


"La 'libertà' è desiderare al di sopra di ogni cosa di servire al successo e alla gloria del proprio Stato. In questo desiderio si sta desiderando il compimento della volontà di Dio."


Ergo "Lo Stato siamo noi" perché Noi in quanto individui siamo irrilevanti.


Anche se può sembrare semplice filosofia priva di ogni fondamento, certi schemi di pensiero si insinuano 'malignamente' nel pensiero comune e a forza di ripetizione, magari in forma più blanda, anche l'assurdo diventa realtà consolidata.


Se questo antico pensiero (l'assolutismo a dire il vero è più antico del pensiero Hegeliano, già Platone aveva le sue derive totalitariste) è riuscito a radicarsi anche un po nella mente dell'uomo moderno, non stupisce che fare notare la differenza fra lo Stato-apparato con i suoi compiti e limiti e la popolazione con i suoi diritti e doveri, il tutto spolverato dalla ragionevolezza (No, non hai diritto al posto a vita... non ha il diritto di pretendere beni e servizi gratuitamente se non hai gravi necessità... no, le gravi necessità non sono comprarti il televisore a led o la macchina nuova) diventa quasi una blasfemia anti-sociale, in fondo ci si sta opponendo alla 'volontà di dio' un dio minore, che paradossalmente è la negazione diretta di quel Dio che invece avrebbe donato all'uomo il libero-arbitrio e la coscienza individuale, cosa che spesso anche un certo tipo di ecclesiastici dimentica.


Non provate però a domandare direttamente a qualcuno se si ritiene un 'umile strumento nella vigna del dio-Stato' anche il socialista più convinto non dirà mai che lo Stato è Dio, o quanto meno non lo dirà mai esplicitamente, però ma nel suo agire, nel suo indorare i fenomeni di massa, come se non fossero composti da persone con volontà proprie ma da aggregati pensanti e infallibili, nel suo rigido modo di concepire le regole al quale ogni uomo si dovrebbe sottoporre senza alcuna possibilità di scampo o di discussione, nel suo disprezzo per la diversità delle opinioni e nella tendenza all'uniformità è di fatto un fedele seguace del Dio-Stato.


Per fortuna in mezzo a questo miasma di retorica demente e di proclami che annunciano all'uomo la 'lieta novella' dell'annientamento della propria personalità e individualità nell'amorfo concetto di 'massa' o di 'classe' alcuni uomini, hanno visto chiaramente cosa è lo Stato e quali sono gli effetti dei suoi ingannevoli poteri al di la della mistica hegeliana, eccone tre che mi hanno particolarmente colpito:


Anne Robert Jacques Turgot: "Quello dello stato è un sistema di guerre di reciproche oppressioni, nelle quali il governo presta la sua autorità a tutti che la useranno a loro volta contro tutti, questo per creare una sorta di bilanciamento di danni e ingiustizie fra ogni tipo di impresa (e soggetto) dove tutti infine perdono ugualmente.'


Jean Baptiste Say: "Per utilizzare l'espediente della tassazione come stimolo per aumentare la produzione, vuol dire di raddoppiare gli sforzi della comunità, per il solo scopo di moltiplicare le sue privazioni, piuttosto che i benefici. Infatti, se una maggiore tassazione da applicare al supporto di una complessa, ingombrante, e ostentata amministrazione interna, o di un superfluo e sproporzionato establishment militare, che agisce come un drenaggio di ricchezza individuale e del fiore della gioventù nazionale, ed un aggressore della pace e della felicità della vita domestica, non sarà questo pagare a caro prezzo una così grave minaccia pubblica, come se fosse un beneficio di prima grandezza?"


"La migliore tassazione è dunque la minore tassazione possibile, la migliore spesa pubblica è la minore spesa".


Frèdèric Bastiat: "Lo Stato è una grande finzione con la quale tutti cercano di vivere a scapito di qualcun altro" "La legge e il governo dovrebbero limitarsi strettamente a difendere la persona, la libertà, e i beni delle persone dalla violenza; ogni altro ruolo può sfociare in conseguenze distruttive per la libertà e la prosperità".




Qualcuno a questo punto vi dirà che "Questo ruolo è limitativo" infatti lo stato sarebbe un semplice guardiano e giudice, non il medico/maestro/investitore/moralizzatore/sindacalista/ferro-tranviere/banchiere/muratore/impresario/mecenate/presidente dello sport/cinematografo che è oggi; questo sarebbe un 'regresso' secondo l'intelligentsia, che andrebbe a scapito del benessere sociale. Ma come giudicare l'operato dell'apparato in così tanti settori, se non scadente o al massimo mediocre? Per altro, la difesa della sicurezza e della proprietà che fu il primo compito dello stato 'minimo' come viene affrontato dal polimorfico stato-sociale? Male, anzi malissimo, la giustizia è alla deriva, i processi durano decenni, un uomo che vanta un credito insoluto fa quasi prima a non procedere nemmeno in giudizio, la normazione ha raggiunto punti di contraddittorietà paradossali ottimi per generare la confusione utile alla criminalità organizzata, le forze di sicurezza hanno sempre meno mezzi e meno personale adeguato e sempre più spesso vengono trattate da 'ammortizzatore sociale', le nostre forze militari anche quelle 'gonfiate' dalla necessità di 'dare lavoro' sono in giro per il mondo a costruire stati democratici, sotto l'egida dell'Onu, senza che nessuna guerra sia mai stata dichiarata dal 1948 ad oggi. Insomma oltre ad essere meno ricchi e meno liberi, siamo anche meno sicuri e meno tutelati, questo è il vero regresso che i 'progressisti' e la loro brama di controllare il mondo non ammetteranno mai.


In mezzo a tante considerazioni, non dimentico mai il monito che una persona saggia mi diede tanti anni orsono "Sii sempre realista quando parli del presente, ma cerca di essere ottimista per il futuro". Ora che il nostro paese arriva ad un nuovo bivio sollecitato dalla crisi dei mercati, sarebbe arrivato il momento di poter finalmente puntare a qualcosa di meglio rispetto quanto avuto oggi, regime interventisti come il Regno d'Italia e la I Repubblica, o puramente NazionalSocialisti come quello dello Stato Fascista, magari partendo da quei vecchi ma sempre attuali ideali di Libertà, Uguaglianza e Fratellanza, cari non solo alla logica della rivoluzione Francese ma anche all'insegnamento Cristiano che ha lasciato tracce indelebili nella realtà europea, possibilmente  non intaccati dal veleno dello statismo che abolisce il senso individuale della coscienza umana, predica l'unione forzata eliminando la possibilità che gli uomini si aggreghino pacificamente  mettendo le persone le une contro le altre sfruttando le nostre recondite paure e pulsioni.  Ma la strada della tirannia non deve essere imboccata per forza, non esistono delle leggi storiche 'scientifiche' che portano necessariamente ad un conflitto totale o alla creazione di un Mega-stato oppressore del genere umano. Tutto può essere evitato finché ci saranno uomini di buona volontà che non si arrogheranno il diritto di forzare i propri simili a prendere strade che non vogliono seguire e penso che persone ragionevoli, non animate dagli insani sentimenti di 'distruzione' che hanno pervaso il novecento siano la maggior parte e che desiderino solo la pace, la prosperità e la libertà. Questa via non è soltanto ipotizzabile è anche percorribile, ed è la sola speranza che il genere umano ha di non piombare di nuovo nella barbarie dei conflitti, nella miseria e nella schiavitù.


Ogni cosa è possibile, se la si vuole veramente ottenere e se si lavora realmente per essa.